“IL DATORE DI LAVORO RISPONDE A TITOLO DI COLPA SPECIFICA DELL’INFORTUNIO OCCORSO AL LAVORATORE, PER NEGLIGENZA O IMPRUDENZA DELLO STESSO, NELL’ESPLETAMENTO DELLE PROPRIE MANSIONI”
Con sentenza n.24417 del 22/06/2021 la Cassazione Penale Sez IV torna a pronunciarsi sul tema della responsabilità del datore di lavoro per l’omessa formazione dei propri dipendenti sui luoghi di lavoro.
FATTO
La vicenda in esame ha ad oggetto l’infortunio, rivelatosi mortale, di un dipendente impegnato in lavori di messa in sicurezza di una parete rocciosa.
Al lavoratore era stata fornita una doppia corda della lunghezza di soli 15 m, rivelatasi inadeguata durante l’espletamento dei lavori, in quanto troppo corta, ma soprattutto priva di un dispositivo di blocco necessario ad arrestare la discesa.
Il dipendente si era ritrovato all’improvviso privo di sostegno, ed era caduto all’indietro, andando ad impattare prima su una serie di sporgenze rocciose, per poi finire sull’asfalto della strada sottostante.
Difronte alla sentenza di condanna per omicidio colposo ex art.589 commi 1 e 2 c.p., emessa dalla Corte d’Appello, che sostanzialmente aveva confermato quanto statuito dal Giudice in 1° , il datore di lavoro, nonché fratello del dipendente deceduto, proponeva ricorso dinanzi alla Suprema Corte.
A sostegno della propria tesi difensiva il datore affermava la correttezza della scelta operativa adottata, ed a tal fine venivano citati un teste ed un tecnico affinchè potessero spiegare le ragioni della ridotta lunghezza della corda utilizzata, ovvero evitare gli inconvenienti di una corda troppo lunga con un tratto di strada sottostante come i continui incagli tra le rocce.
In ordine alla mancata espletazione dell’obbligo di formazione professionale, in maniera alquanto semplicistica e superficiale, asseriva che l’adempimento del succitato obbligo, in ogni caso, non avrebbe cambiato le sorti della vicenda.
DIRITTO
La Cassazione rigettava il ricorso proposto, richiamando l’attenzione, sull’assenza dei dispositivi di sicurezza quali imbracature cosciali, bretelle, ed assorbitore di energia, ma soprattutto sul nesso eziologico tra mancanza del nodo di arresto ed utilizzo di una corda troppo corta e dunque inadeguata alle circostanze del caso, rammentando, peraltro, che lo stesso teste aveva ammesso che la presenza del nodo poteva rappresentare un pericolo, in caso di lavori di messa in sicurezza di una parete rocciosa con strada sottostante, solo in caso di utilizzo di corde lunghe 60/70 m e non 15/20 come nel caso in esame.
Al contempo la Suprema Corte aveva attribuito rilievo fondante al mancato assolvimento dell’obbligo formativo.
Confermando l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, la Cassazione ribadiva che “ il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi”, con conseguente configurabilità dell’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 589 c.p. e di quanto disposto dall’art 116 comma 2 del D.Lgs 81/2008 “il datore fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio” aggiungendo che «in un giudizio di valore la maggiore agilità o speditezza del lavoro non può superare la necessaria adozione dei presidi di sicurezza» ovvero l’adempimento degli obblighi formativi non è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza o per un trapasso di conoscenze comunemente acquisite nella collaborazione con altri lavoratori.
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La sentenza in oggetto si inserisce nel solco tracciato da tempo dalla giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità penale ed infortuni sul luogo di lavoro. La Suprema Corte ribadisce il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro, declinabile negli obblighi di adeguata formazione, informazione e addestramento dei lavoratori, in un’ottica di prevenzione primaria dei beni giuridici fondamentali della vita, della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori.
Il processo di formazione – come disposto dall’articolo 2 T.U.S.L. – si esplica con la trasmissione di conoscenze e procedure finalizzate all’acquisizione di idonee competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti aziendali.
La formazione assicurata ai dipendenti deve essere adeguata alla sicurezza nei luoghi di lavoro, ed ai rischi e pericoli specifici per la salute, a cui il lavoratore è esposto in ragione della propria attività, mansione, settore o comparto dell’azienda.
La violazione degli obblighi di formazione dei lavoratori, informazione, e l’omessa indicazione nel documento di sicurezza delle idonee misure di prevenzione e protezione, sono punite dall’art. 55 comma 5 lett. c) e dal comma 3 del medesimo articolo.
Nello specifico il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di formazione ed informazione risponde a titolo di colpa specifica, ovvero “per inosservanza di leggi”, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore dipendente nell'espletamento delle proprie mansioni, qualora ponga in essere condotte imprudenti, in quanto conseguenze dirette e prevedibili della inadempienza degli obblighi datoriali.
Dunque la condotta negligente o imprudente del lavoratore non esclude la responsabilità del datore di lavoro, né la stessa viene meno in ragione di un personale bagaglio conoscitivo del lavoratore, dovuto all’esperienza maturata o alle conoscenze comunemente acquisite sui luoghi di lavoro.
Tornando, infine, al caso concreto che ci occupa, l’infortunio occorso al lavoratore è senz’altro riconducibile alle gravi lacune di formazione, oltre che all’assenza di adeguati dispostivi di protezione individuale e del dispositivo di blocco.
Se il lavoratore fosse stato edotto sulle modalità di comportamento da adottare in simili circostanze, avrebbe di certo evitato di intraprendere il percorso di discesa della parete rocciosa con l’ausilio di una corda corta e priva di dispositivo di blocco, e/o avrebbe saputo individuare, quantomeno, il momento opportuno per arrestarsi e risalire, attesa l’impossibilità di prosecuzione.
Sulla scorta di queste considerazioni il datore di lavoro è ritenuto responsabile, ai sensi dell’art. 589 comma 1 e 2 c.p., del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il vero problema di fondo è la concezione errata che i datori di lavoro hanno della formazione, avvertita come un dispendio inutile di tempo e denaro, omettendo di considerare le conseguenze ben più gravose, (con riflessi anche in sede penale!) che un infortunio, specie se mortale, potrebbe cagionane agli stessi.
Fin quando continueranno ad affidarsi al caso ed alla fortuna, continueremo, (purtroppo), a disquisire di altre sentenze dello stesso tenore.









