Il whisteblowing
Si sente spesso parlare di whisteblowing ma non tutti conoscono il reale significato del termine. In questo articolo cercheremo di fornire una definizione dello stesso, e di individuare la normativa di riferimento.
Il whisteblowing è la segnalazione del lavoratore dipendente che rinviene una frode, un comportamento pericoloso o in qualsiasi modo contrario alle legge, ai danni dell’azienda stessa, dei colleghi o dei clienti.
Introdotto nel nostro ordinamento nel 2012, con il Decreto n. 165 disciplinante il lavoro all’interno delle pubbliche amministrazioni, nel 2017 con il decreto n.179 si è provveduto ad l’ambito di applicazione anche al settore privato.
Come precisato anche dalla Corte di Cassazione il whisteblowing non si traduce in un obbligo del dipendente di investigare in ordine alla correttezza del lavoro svolto dagli altri, e conseguentemente, di segnalare eventuali lacune.
Il fine è, viceversa, quello di assicurare la tutela necessaria a preservare il posto di lavoro al dipendente, che venuto a conoscenza di eventuali condotte illecite decida di segnalarle alle autorità competenti, ovvero all’Anac (Autorità nazionale anti-corruzione), ed all’Autorità giudiziaria.
Il decreto 179/2017 dispone nello specifico che i modelli di organizzazione, gestione e controllo attuati devono:
- preservare la riservatezza dei segnalanti,e vietare atti di ritorsione o discriminatori;
- prevedere un sistema disciplinare che sanziona chi discrimina i segnalanti o chi effettua segnalazioni dolose i con colpa grave
- le misure discriminatorie devono considerarsi nulle e in caso di licenziamento ci sarà il reintegro del lavoratore.
Whistleblowing, a chi segnalare i fatti illeciti?
A chi rivolgersi per segnalare i fatti illeciti?
Innanzitutto bisogna distinguere tra settore pubblico e settore privato.
Nel settore pubblico, le segnalazioni di illeciti che avvengano all’interno della pubblica amministrazione devono essere indirizzate al responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, che gli enti pubblici devono nominare al loro interno, oppure all’Autorità nazionale anti-corruzione (Anac) o all’autorità giudiziaria.
Nel settore privato invece il destinatario delle segnalazioni è l’Organismo di vigilanza.
Sarà l’organismo stesso, dopo la segnalazione, a valutare se affidare la gestione del caso a enti esterni.
In effetti la legge prevede, in maniera generica, che il datore di lavoro debba adottare modelli di organizzazione, gestione e controllo che prevedano canali, almeno uno dei quali telematico, attraverso cui il lavoratore possa effettuare le segnalazioni e mantenere la propria riservatezza.
Oltre alla tutela della riservatezza, il whistleblower viene tutelato anche contro gli atti di discriminazione e/o ritorsione, e non può essere sottoposto a licenziamento, demansionamento o trasferimento per via della segnalazione . In tal caso l’onere della prova è invertito, nel senso che non spetta al dipendente dimostrare di essere rimasto vittima di un provvedimento ingiusto, bensì al datore di lavoro dimostrare di aver preso quella decisione per motivi oggettivi che nulla hanno a che fare col whistleblowing effettuato dal lavoratore.
Il lavoratore o whistleblower è responsabile della segnalazione, per cui nel caso in cui venga inoltrata una segnalazione, che si riveli infondata, lo stesso dovrà rispondere dei reati di diffamazione o calunnia.
Ritorsioni o discriminazioni in seguito a whistleblowing
In caso di mancata tutela del lavoratore che ha fatto whistleblowing l’Anac può disporre multe fino a: 30.000 euro, a carico del responsabile dell’amministrazione o ente che abbia adottato misure discriminatorie nei confronti del whistleblower;
50.000 euro a carico del responsabile delle attività d ... 50.000 euro a carico del responsabile delle attività di verifica delle segnalazioni, in caso di mancata analisi di quest’ultime;
50.000 euro, in caso di mancata adozione di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni.
Licenziamento, demansionamento in seguito a whistleblowing
In caso di licenziamento, demansionamento, trasferimento o di qualsiasi altra misura giudicata discriminatoria o ritorsiva dal lavoratore, simili condotte possono essere segnalate dal lavoratore o dalle organizzazioni sindacali all’Ispettorato nazionale tali condotte.









