Il taglio del cuneo fiscale? Meglio del salario minimo
Non comporta un aumento di costi a carico delle imprese e responsabilizza la politica: ecco perché la sforbiciata alle imposte sui redditi più bassi resta il miglior modo per ridurre le disuguaglianze sociali
è una proposta che mette d’accordo tutti – maggioranza e opposizione parlamentare, associazioni datoriali e sigle sindacali – sebbene, come spesso accade in Italia, al “fervore” che molti mostrano nella sua discussione non corrisponda altrettanto impegno per la sua concretizzazione e applicazione.
Stiamo parlando del taglio del cuneo fiscale, argomento che ciclicamente torna come un mantra al centro del dibattito politico. E il motivo è presto detto: la riduzione del carico di imposte sui redditi bassi è la chiave per ridurre le disuguaglianze sociali, più di quel salario minimo che l’Unione europea ha approvato e che tuttavia sembra presentare più di un aspetto critico.
Ma perché il taglio del cuneo fiscale consentirebbe di aumentare i salari reali più bassi e di ridurre, per questa stessa strada, le disuguaglianze che oggi lacerano il tessuto economico-sociale italiano? Il primo effetto della “sforbiciata”, cioè l’individuazione del livello adeguato del salario minimo, potrebbe essere ottenuto tramite la riduzione del carico fiscale sui redditi più bassi perché, in questo modo, non si legherebbe l’aumento del salario all’aumento dei costi per le imprese, col rischio di determinare un effetto retroattivo negativo sui salari reali. Insomma, più soldi in busta paga per i lavoratori ma senza ulteriori spese per le imprese.
Anche per questo le associazioni datoriali sono favorevoli al taglio del cuneo che, secondo il presidente dei Giovani Imprenditori Riccardo Di Stefano, dovrebbe ammontare a circa 16 miliardi di euro. Il secondo pregio sarebbe quello di contemperare gli interventi di politica economica con le esigenze delle finanze pubbliche.
La necessità che ogni intervento goda dell’indispensabile copertura sarebbe soddisfatta dall’emanazione di provvedimenti normativi capaci di impegnare in modo chiaro e di responsabilizzare opportunamente la politica. Questo effetto si collega a un ulteriore risvolto:
a differenza della introduzione del cosiddetto “equo salario minimo” sic et simpliciter, il taglio del cuneo fiscale non sostituirebbe
la contrattazione collettiva con una norma di difficile attuazione. Da un lato, infatti, sarebbero chiare le responsabilità delle parti sociali nella determinazione del salario lordo; dall’altro, sarebbe altrettanto chiara la responsabilità della politica nel perseguimento dell’obiettivo della riduzione delle disuguaglianze attraverso la riduzione del carico fiscale. Ultimo aspetto: l’individuazione del salario netto per via fiscale permetterebbe anche di stabilire eventuali trasferimenti diretti a favore dei percettori di redditi inferiori al limite imponibile. Più concretamente, si potrebbe incidere sul cuneo fiscale senza intaccare i contributi a fini pensionistici. Tutto ciò consentirebbe di ovviare anche alle problematicità più evidenti del salario minimo, a cominciare dalla difficoltà di identificarne concretamente la grandezza. L’importo, infatti, dovrebbe essere rapportato al paniere di beni che può acquistare. L’Europa, invece, parla di salario minimo al 60% di quello mediano. Altro nodo da sciogliere è quello delle concrete possibilità e conseguenze dell’attuazione: in un’economia di mercato come la nostra, un aumento dei salari può essere seguito da un aumento dei prezzi al dettaglio in grado di compensare il primo incremento. E questa sarebbe la mazzata
finale per le tasche degli italiani.
In definitiva, ci sono almeno quattro buoni motivi per preferire l’immediata riduzione del cuneo fiscale al salario minimo approvato in sede europea. Il Partito democratico si è già speso per un “taglio-choc”, suggerendo che la diminuzione delle
tasse sul lavoro siano inserite nella prossima legge di bilancio. D’accordo è persino la Lega, che in più pretende la pace fiscale. I presupposti per un accordo sembrano esserci. Chissà se, al momento opportuno, ci sarà anche la volontà politica.
di Raffaele Tovino









