Restituiamo la fiducia ai nostri giovani
Un sistema di formazione in crisi, difficoltà a entrare nel mondo del lavoro, il costo della vita ormai alle stelle: così gli under 30 perdono la speranza di realizzare i loro progetti di vita. A loro bisogna dare opportunità e certezze: a beneficiarne sarà tutto il Paese
Cominciamo sfatando un falso mito: chi ha detto che i giovani sono apatici, demotivati e poco ambiziosi? Che questo sia un luogo comune lo dimostra il fatto che Albert Einstein scoprì la formula della relatività a soli 24 anni. E, senza andare troppo lontano da noi, Giacomo Leopardi compose “L’Infinito” quando alle spalle aveva appena 21 primavere.
Qualcuno obietterà: erano altri tempi, le situazioni sono imparagonabili. Mica tanto, se si pensa che gli inventori di Google e di Apple hanno cominciato a sviluppare i rispettivi progetti tra i 20 e i 30 anni di età. Tutto ciò conferma, qualora ce ne fosse bisogno, quanto sia potente la capacità di intuizione e di ideazione dei giovani, sebbene non raffinata come quella degli adulti.
Per far sì che queste doti non vengano dissipate, tuttavia, occorre ridurre l’incertezza che attualmente avvolge il futuro degli under 30 italiani e, in particolare, meridionali. Mi spiego meglio. Il futuro è di per sé imprevedibile. Ma lo è ancora di più in Italia dove il sistema della formazione vive una crisi che si trascina ormai da anni, dove l’ingresso nel mondo del lavoro è ostacolato dal carico fiscale che grava sulle imprese, dove il costo della vita rende difficile mettere su famiglia e dove per molte categorie la pensione è nient’altro che il retaggio di una fantomatica età dell’oro conclusasi da un pezzo. Qualche esempio aiuterà a chiarire questa condizione che impedisce ai nostri ragazzi di “scatenare” il loro potenziale.
Gli ultimi dati Invalsi rivelano l’ancora troppo alta incidenza della dispersione scolastica implicita nel nostro Paese. Che cosa vuol dire?
Troppi diplomati sono terminano la scuola superiore senza avere una preparazione tale da consentire di affrontare serenamente successive esperienze formative o professionali. A livello nazionale, questa percentuale si attesa al 9,7% con la Campania e la Sardegna che guidano la poco lusinghiera classifica rispettivamente con il 19,8 e il 18,7%. Le buone performance fatte registrare da Puglia e Calabria, dove nel 2022 la dispersione scolastica implicita si è ridotta grosso modo di quattro punti, non vale a restituire ai giovani meridionali e italiani una prospettiva rosea del futuro. Altra rappresentazione plastica delle incertezze con le quali gli under 30 sono chiamati a fare i conti sono i dati dell’Erc Starting Grant, il programma attraverso il quale l’Europa finanzia i talenti della ricerca. Nel 2022, su 397 vincitori, 58 sono risultati italiani: la “pattuglia” più consistente dopo quella dei tedeschi. Tuttavia, solo 28 di loro saranno ospitati da istituti di ricerca nazionali. E il motivo è presto detto: inefficiente e poco attrattivo, il sistema italiano tende inspiegabilmente a non riconoscere una posizione preminente a chi porta idee (oltre che milioni e milioni di euro) attraverso l’Erc Starting Grant. E poi c’è il tema del costo del lavoro, tanto per le imprese quanto per i dipendenti.
In Italia il cuneo fiscale erode circa il 60% del salario dei lavoratori, mentre negli altri Paesi dell’Ocse il valore medio si aggira intorno al 46. Ciò vuol dire che il nostro Stato si porta a casa buona parte della retribuzione lorda dei lavoratori, per la precisione il 33% in contributi e il 27 in tasse. Così si spiega il fatto che l’Italia sia uno dei Paesi caratterizzati dalle retribuzioni più basse in assoluto.
Se a ciò si aggiungono il vertiginoso aumento delle tariffe energetiche e delle materie prime, si comprende, da una parte, quante difficoltà le imprese incontrino nell’assumere giovani lavoratori e, dall’altra, quanto questi facciano fatica a costruire una prospettiva di vita che contempli figli, famiglia e sviluppo. Che fare, dunque? Ai giovani vanno date certezze e opportunità. Il che, in concreto, significa strutturare un sistema scolastico e formativo che, dopo 13 anni scuola primaria e secondaria, li metta in condizione di affrontare qualsiasi sfida a livello universitario o lavorativo. E poi creare le condizioni perché gli under 30
possano trovare uno sbocco nel mondo del lavoro e, dopo esservi entrati, rimanervi con quel minimo di garanzie necessario per chi non chiede altro che concretizzare a un progetto di vita. In altre parole, ai giovani va restituita fiducia nel futuro. Non solo nel loro futuro, ma in quello di tutto il Paese.
di Raffaele Tovino









