LA VACCINAZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO E LA TUTELA DELLA PRIVACY
Breve vademecum sulle “indicazioni” elaborate dal Garante per la privacy per l’attuazione della campagna vaccinale presso i luoghi di lavoro
Come noto la normativa con cui è stato adottato il piano strategico nazionale dei vaccini per contrastare il virus del Covid-19 ha previsto anche la possibilità che, con l’aumento della disponibilità delle dosi dei vaccini, la loro somministrazione possa avvenire anche con il coinvolgimento dei medici delle aziende, ciò al fine di raggiungere il duplice obiettivo di una più rapida diffusione della campagna vaccinale nonché di accrescere i livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro (sia pubblici che privati).
Il Garante per la protezione dei dati personali, a tal fine, ha adottato un documento di indirizzo denominato “Vaccinazione nei luoghi di lavoro: indicazioni generali per il trattamento dei dati personali”, in modo da orientare i datori di lavoro e i medici competenti (nonché qualsiasi altro sanitario coinvolto) nella scelta delle misure, anche organizzative, necessarie per garantire che i trattamenti dei dati personali che saranno effettuati nello svolgere la campagna vaccinale siano conformi alla normativa sulla privacy.
Gli aspetti più rilevanti delle indicazioni generali del Garante privacy riguardano:
- la volontarietà dell’adesione alla vaccinazione in azienda da parte dei lavoratori;
- la necessaria disponibilità dei vaccini;
- la presenza e la disponibilità del medico competente o di altro personale sanitario;
- la preventiva informazione dei lavoratori in ordine alla vaccinazione, in modo che la loro decisione sia effettivamente consapevole;
- la prevenzione di ogni forma di discriminazione dei lavoratori;
- la tutela della privacy.
Preliminarmente, il Garante ha evidenziato che la sussistenza dello stato di emergenza epidemiologica non esonera tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione e nella esecuzione del piano vaccinale dal rispettare i limiti previsti dalla suddetta normativa, e gli obblighi dalla medesima, loro imposti in ragione del ruolo rivestito, al fine di evitare una illecita circolazione dei dati degli interessati che potrebbe essere idonea a ledere i loro diritti e libertà. Inoltre ha aggiunto:
- il titolare del trattamento dei dati personali degli interessati (relativi alla vaccinazione in azienda: quindi dei dipendenti che vi si sottopongono) è il medico competente, e non il datore di lavoro;
- il datore di lavoro non può raccogliere, direttamente dagli interessati, o per il tramite del l medico competente né di altri professionisti o strutture sanitarie (anche private), alcuna informazione circa gli aspetti della vaccinazione. A titolo esemplificativo, il datore non potrà acquisire informazioni in ordine alla intenzione o meno del lavoratore di aderire alla campagna vaccinale aziendale, alla avvenuta somministrazione o meno del vaccino, ed ad altri dati relativi alla condizione di salute del lavoratore;
- le finalità del trattamento dei dati relativi alle vaccinazioni aziendali sono sia la medicina preventiva, sia la medicina del lavoro, in quanto detti trattamenti hanno quale necessario presupposto il compimento di valutazioni cliniche ;
- i datori di lavoro debbono supportare la vaccinazione aziendale sia attraverso la dotazione dei necessari strumenti, sia dal punto di vista economico, nonché attraverso la promozione dell’iniziativa di vaccinazione aziendale, fornendo ai propri dipendenti tutte le informazioni necessarie;
- il consenso dei dipendenti non può costituire una idonea base giuridica per il trattamento di dati relativi alla vaccinazione (trattamento da parte del datore di lavoro che sarebbe, quindi, illecito anche se compiuto con il consenso del lavoratore interessato);
- soltanto il professionista sanitario appositamente individuato, può trattare il dato relativo all’adesione volontaria da parte del lavoratore e quello relativo al numero delle dosi e della tipologia di vaccino da utilizzare per la vaccinazione aziendale, e stabilire il programma delle vaccinazioni in azienda, adottando tutte le misure tecniche e organizzative idonee a garantire che il trattamento dati sia sicuro rispetto al rischio per le libertà e i diritti degli interessati;
- 7) il datore di lavoro, nel momento in cui presenta alla ASL territorialmente competente il piano vaccinale aziendale, deve limitarsi ad indicare alla azienda sanitaria soltanto il numero complessivo dei vaccini necessari per la vaccinazione aziendale, in base alle indicazioni che gli sono state fornite dal professionista sanitario individuato;
- nel piano vaccinale non dovrà essere indicato alcun elemento che possa permettere, anche indirettamente, l’individuazione della identità dei lavoratori che hanno aderito;
- qualora per raccogliere le adesioni dei dipendenti vengano utilizzati strumenti (anche informatici) messi a disposizione del datore di lavoro, quest’ultimo e il sanitario dovranno adottare tutte le opportune misure tecniche e organizzative necessarie a garantire che detti dati non entrino (anche in maniera accidentale) nella disponibilità del personale che svolge funzioni datoriali (come l’ufficio risorse umane o l’ufficio disciplinare), o in generale uffici o persone che trattano i dati dei dipendenti per finalità di gestione del rapporto di lavoro;
- qualora, in assenza del medico competente, il datore di lavoro utilizzi strutture sanitarie private o le strutture territoriali dell’Inail, dovrà adottare delle modalità tali da permettere ai dipendenti che intendono aderire all’iniziativa di rivolgersi direttamente a dette strutture. Sul punto, le indicazioni prevedono che il datore di lavoro possa indicare al professionista sanitario le modalità e i criteri per programmare le sedute vaccinali, ma senza che ciò possa comportare il trattamento di dati personali relativi alle adesioni dei lavoratori identificati o identificabili;
- il datore di lavoro, per quanto possibile, deve adottare nei locali aziendali delle misure idonee a garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore durante la somministrazione del vaccino e anche nella fase immediatamente successiva a detta somministrazione, in modo che non possano circolare informazioni nel contesto lavorativo o comportamenti ispirati a mera curiosità;
- i locali aziendali devono avere delle caratteristiche idonee ad escludere che i colleghi di lavoro o comunque soggetti terzi possano conoscere l’identità dei dipendenti che hanno aderito alla vaccinazione aziendale.
- il tempo utilizzato dal lavoratore per vaccinarsi è equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro (nel caso in cui la vaccinazione sia fatta durante il servizio). Pertanto, il lavoratore potrà giustificare l’assenza attraverso il rilascio di un’attestazione di prestazione sanitaria redatta in termini generici da parte del soggetto che ha somministrato il vaccino.
Tuttavia, nel caso in cui dalla suddetta certificazione sia, comunque, possibile individuare il tipo di prestazione sanitaria ricevuta dal dipendente, il datore di lavoro deve astenersi dall’utilizzare detta informazione per qualsiasi finalità diversa dalla sua conservazione, in base agli obblighi di legge, e non potrà chiedere al dipendente conferma dell’avvenuta vaccinazione o chiedere di mostrare il certificato vaccinale.









